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La chitarra in
questione è colei che ha fatto nascere tutto...
Trattasi di una chitarra elettrica solid body con manico in acero e corpo in
legno di ulivo. Mi è occorso molto tempo per ultimare il mio lavoro, in quanto
mi è stato difficile reperire parti meccaniche ed elettriche ad un prezzo
accettabile e, anzi, voglio dire che secondo me i prezzi di questi accessori
sono del tutto insensati e proibitivi… comunque veniamo alla storia di questo
strumento:
L’idea l’ho avuta nell’inverno del 2000. Ero seduto davanti al camino acceso e
nel dormiveglia di una piovosa domenica pomeriggio, ho sognato di costruire una
chitarra dalla forma alquanto insolita, che è poi quella che più o meno ho
seguito durante l’elaborazione del progetto e la costruzione dello strumento. Ho
passato molto tempo a cercare un legno alternativo a quelli usualmente
utilizzati per le chitarre elettriche, perché volevo fare una cosa un po’
particolare; mi sono infine imbattuto in alcune tavole in legno di ulivo che
possedeva un mio nonno dal lontano inverno 1985, e che quindi erano ben
stagionate. Inoltre questo albero, assieme al cipresso ed alla vite è il simbolo
della toscana, regione nella quale vivo. Questo legno proveniva da alberi che
avevano parzialmente resistito alla forte gelata dell’inverno 1985,
caratteristica che musicalmente potrebbe (il condizionale è d’obbligo!) essere
positiva, in quanto secondo recenti studi il particolare suono dei violini
Stradivari sarebbe in parte dovuto agli effetti di una “micro-glaciazione”
che gli alberi utilizzati per le tavole dei violini omonimi avrebbero subito. A
provare ciò che dico c’è tutta l’economia della Val di Fiemme e dei suoi famosi
abeti.
Il legno di ulivo, oltre ad essere un legno bello a vedersi è un legno compatto
e molto fibroso, anche se un po’ grasso. Ho interpellato vari falegnami e liutai
per avere informazioni circa la musicalità di tale legno, ma le risposte, quando
ci sono state, sono state contrastanti: alcuni mi hanno detto che non lo
utilizzerebbero neanche per fare un “battipenna”, altri hanno sostenuto che
alcune chitarre siciliane e partenopee classiche hanno in passato utilizzato con
successo questo legno, mentre dalla rete le informazioni che ho avuto sono state
veramente esigue, quindi, diciamo, che sono partito per questo progetto con le
idee non molto chiare.
Ho tenuto in casa, più precisamente in camera mia, le tavole di ulivo che
intendevo utilizzare per circa due anni, forse anche di più, durante i quali ho
fatto i disegni della cassa e del manico. In realtà il manico non è ancora al
meglio, perché il progetto originale prevedeva che anche questo fosse realizzato
interamente in legno d’ulivo inclusa la tastiera in pezzo unico col manico, ma
per motivi pratici per adesso vi è montato un manico in acero con tastiera in
palissandro che mi è stato più facile da costruire e mettere a punto. Diciamo
comunque che ho preso spunto da un manico in stile Ibanez, quindi veloce e
scorrevole.
Passato tutto questo tempo in ambiente casalingo, le fibre delle tavole si erano
del tutto assestate sui valori di temperatura ed umidità che saranno presenti
nell’ambiente in cui la chitarra finita si troverà a suonare, quindi ho
provveduto all’incollaggio di due tavole fissate tra loro con tasselli in legno
d’ulivo inseriti tra le tavole in modo che le fibre risultassero perpendicolari
(quindi più resistenti sotto sforzo) ed ho utilizzato della colla animale che mi
ha regalato un amico falegname appassionato di liuteria. La preparazione della
colla è stata molto lunga e laboriosa e forse se tornassi indietro avrei
utilizzato colle alifatiche di ultima generazione, ma in compenso è la stessa
colla che utilizzavano per mandolini e violini all’inizio del secolo scorso,
quindi garanzia di qualità.
Con una sega a nastro ho provveduto a ritagliare grossolanamente la figura della
chitarra e l’ho ritagliata in maniera che la commettitura tra le due tavole non
andasse a trovarsi in posizione centrale alla chitarra, quindi a cavallo della
commettitura del manico e degli scassi dei pick-up e del ponte: infatti secondo
molti liutai che ho interpellato, la soluzione delle due tavole giuntate
centralmente alla cassa, seppure molto usata anche da nomi celebri, sarebbe da
evitare, in quanto sustain e pienezza del suono ne risentirebbero.
Grazie al grande aiuto di un amico di mio padre che in passato aveva lavorato
come intagliatore e possedeva un banco da falegname ed una buona attrezzatura,
ho potuto rifinire il body ed il manico. Questi elementi sono stati, inoltre,
impreziositi da alcuni leggeri intagli, che sicuramente non influenzeranno il
suono, ma sono molto belli da vedere. Gli scassi per il ponte, licenziato Floyd
Rose, dei controlli, dei pick-up e quello relativo al truss-road del manico
(completamente autocostruito anch’esso), sono stati eseguiti utilizzando una
piccola fresatrice e molta pazienza ed olio di gomito attraverso degli scalpelli
e delle sgorbie… vi assicuro che il legno d’ulivo oltre ad essere molto pesante
e compatto è anche durissimo!!!
Durante la finitura sono state eseguite infinite passate di carta vetrata e
carta abrasiva sempre più fine, per poi passare ad una levigatura ancora più
accurata utilizzando della lana d’acciaio molto fine. Il legno già a questo
punto appariva lucido, quindi ho provveduto a pomiciare tutto con un tampone
imbevuto leggermente di olio di lino crudo, successivamente per asciugare il
legno e dargli la definitiva lucidatura pre-vernice ho passto della polvere di
pomice che si trova in mesticheria in vendita sotto vari nomi.
La verniciatura che ho eseguito è molto delicata, ma fa in modo che le fibre del
legno non siano “affogate”, infatti ho fatto tutto a tampone e gomma lacca, una
vecchia lucidatura a spirito che si ritrova in tutti i mobili e strumenti
d’epoca. La ricetta che ho utilizzato è la seguente: gomma lacca 200g.
(purtroppo non sono riuscito a trovare la qualità a perline, anziché a sfoglie,
più costosa, ma molto più adatta perché di qualità superiore) per ogni litro di
etanolo (alcool etilico) industriale al 99%. Raccomando di non utilizzare il
comune spirito a 90° circa, perché questo contiene molta acqua e le verniciature
che ne derivano sono molto più delicate, opache ed è più facile che durante le
operazioni di verniciatura si verifichi il fenomeno della “bruciatura” della
vernice che vanifica tutto lo sforzo e la fatica fatte.
Comunque come si può vedere dalle foto la verniciatura, se fatta a regola
d’arte, risulta abbastanza lucida e fa risaltare splendidamente le venature del
legno attribuendogli un tipico colore giallastro, anche se senza la profondità
di uno smalto poliuretanico… come già detto, però, è una verniciatura molto
delicata e il suo peggior nemico è l’umidità (sudore-manico).
Le meccaniche utilizzate sono delle vecchie Grover, ovviamente di qualità, con
ponticello blocca corde, in quanto come gia accennato è presente un ponte di
tipo Floyd Rose. Non tutti saranno d’accordo sull’utilizzo di questo
ponte, ma oltre ad essere un sistema che promette molto per quanto riguarda
l’ecletticità di utilizzo era anche (soprattutto!) un pezzo che avevo già in
casa e che ho pensato di riutilizzare, così, in questa chitarra. Una nota per
quanto riguarda quest’ultimo: io non amo moltissimo questo tipo di ponte, ma a
volte, durante la costruzione, sono arrivato addirittura a desiderare un tremolo
un po’ più tradizionale o al limite un ponte fisso, in quanto questi ponti sono,
aldilà del prezzo esorbitante, costruiti con materiale davvero scadenti; ad
esempio una sera mi sono dovuto mettere e ricavare dal pieno i blocchetti spingi
corde, che erano di una lega davvero scadente, come scadenti sono le viti che
tengono sollevato il ponte e che mi sono ricostruito usando due dadi a brugola
di ottimo acciaio dorato… il male è che non possedendo un tornio, ho fatto tutto
a mano con una fida lima a ferro, ma vi assicuro che la pazienza che c’è voluta
è stata molta! Inoltre anche le sellette non sono proprio un granché, ed
andrebbero sostituite con altre originali, in modo da far spianare le corde al
meglio…
Il manico è fissato al corpo attraverso una piastra in ottone spazzolato, e
quattro grosse viti: anche questo sistema non sarà condiviso da tutti, ma oltre
ad essere più facile da realizzare è anche più semplice da mettere a punto e mi
permetterà di sostituire il manico attuale con quello in ulivo in fase di
ri-costruzione… senza dimenticare che anche questo sistema è stato utilizzato da
alcune tra le più famose chitarre al mondo.
La parte elettrica prevede l’utilizzo di due pick-up di tipo humbucking, anche
se dal mio primo progetto dovevano essere tre come sulle Les Paul Custom Black
Beauty di una volta. Si va in questo caso su un’accoppiata tradizionale, che ho
sempre apprezzato molto: SH-2 “Jazz Model” della Seymour Duncan al manico e
TB-4 “Jeff Beck” sempre della Seymour Duncan al ponte. Il primo garantisce suoni
puliti caldi ed adatti ai generi più disparati, infatti il nome “Jazz” secondo
me è più che limitativo per questo splendido microfono. Il JB invece credo che
lo conoscano un po’ tutti: alto livello d’uscita che comunque non significa solo
distorsione, ma in questo caso anche precisione, raffinatezza e armoniche un po’
da tutte le parti, anche se con un suono parecchio (troppo?) brillante.
Entrambi i pick-ups sono splittabili e infatti ho scelto un selettore a cinque
vie posizionato sopra la parte finale del manico (posizione tipo Les Paul, ma
diverso stile, visto che gli scatti si inseriscono orizzontalmente anziché
verticalmente) con le tre consuete posizioni bridge, bridge & neck, neck e le
due splittate bridge & neck e bridge.
Le mascherine dei pick-up sono state costruite ritagliandole e con un certosino
lavoro di traforo e lima da due lastre di ottone spazzolate di diverso spessore
che ho reperito grazie al padre di un mio amico che costruisce lampadari
artigianali.
I controlli prevedono un controllo di tono e due controlli di volume, uno per
ciascun microfono.
Per quanto riguarda la suonabilità ed il suono effettivo dello strumento, potrei
forse non essere la persona più adatta a garantire l’oggettività della prova, ma
cercherò di esserlo il più possibile.
Imbracciata la chitarra risulta pesante (comunque assomiglia al peso di una
Gibson originale) ciò nonostante lo strumento risulta essere ben bilanciato. Io
che sono abituato a tastiere e manici Gibson non mi sono trovato subito bene con
quello di questa chitarra, che scala a parte, è molto sottile e veloce, ma
comunque preciso e basta poco per abituarsi. Il radius della tastiera
molto contenuto invita a bending e acrobazie senza limiti e pur mantenendo scala
simil-Fender, risulta davvero molto più facile di quest ultimo. Dopo aver
regolato bene l’angolazione del manico, molle, sellette del ponte e l’altezza di
queste, sono riuscito ad ottenere una action abbastanza bassa, anche se il
limite in questo caso è venuto dalle sellette del ponte che non sono di buona
qualità e dovrò provvedere a sostituire al più presto. Infatti all’abbassarsi
troppo dell’action abbiamo che le corde non spianano più perfettamente sulle
sellette (specie i cantini) e tendono a vibrare fastidiosamente; ho tentato di
risolvere il problema aiutandomi con una sottilissima lima, ma esso non è ancora
del tutto sparito. Il sustain è veramente buono, molto meglio di ogni mia più
rosea aspettativa, non siamo ai livelli Les Paul, ma sicuramente ci si avvicina
tanto e tutto questo pur montando un Floyd Rose, che grazie al ponticello blocca
corde non fa perdere mai l’intonazione, anche se a dire la verità è veramente
noioso da accordare quando si deve mettere una nuova muta…
Con questa chitarra si può spaziare da accordi e fraseggi jazz-blueseggianti, e
passare ai toni più scuri e cattivi del rock e dell’hard rock. Certo ci si può
fare anche metal, ma forse per quello sarebbero meglio altri microfoni, magari
ceramici o attivi invece che AlNiCo. Lo switch, avendo spostamenti orizzontali
anziché verticali come tutte le altre chitarre è più difficile da digerire, ma
basta farci l’abitudine. I controlli di tono e volume funzionano perfettamente,
ed alla fine ci si ritrova con una chitarra bella (a mio modo di vedere) che
suona anche bene. Il legno di ulivo tende poi a sottolineare le frequenze
medio-acute, senza esagerazioni però e quindi, aldilà del peso “proibitivo”
rappresenta una bella alternativa ai legni tradizionali, ma attenzione: è
difficilmente lavorabile e col tempo, se non ben stagionato, tende a dare delle
crepe. Per quanto riguarda, ancora, questo legno, c’è da dire che essendo le
piante di questo albero (almeno in toscana) tenute piuttosto basse e comunque di
dimensioni molto contenute, è difficile trovare delle tavole di dimensioni
adeguate e completamente esenti da difetti estetici: nel mio caso c’è una
“cipollatura” (cioè una crepa) sulla coda superiore dello strumento, ma è ferma
ormai da tre anni su quel livello e quindi credo che non si schianterà più; per
sicurezza, comunque, ho provveduto ad inserire una spina fermata con colla in
maniera che tale “magagna” non si estenda, ma rimanga, al massimo, così come è
ed il corpo risulti essere ancora più solido. Per stuccare piccole imperfezioni
del legno ho usato una miscela composta da: colla vinilica, polvere finissima
(impalpabile) di legno di ulivo, stucco da muro e/o legno e per finire ho
ricavato il vero colore del legno aggiungendo polveri dei colori che vengono
utilizzati in ceramica per il giallo, l’arancio ed il bruno. Ci sono in
commercio delle apposite terre che servono allo scopo, ma visto che mio padre fa
il ceramista e ho in casa queste polveri ho voluto sperimentare anche questo e
direi che i risultati non sono male a patto di tenere presente che prima del
tiraggio, lo stucco, ha un colore più scuro di quando secca e tende ad
opacizzarsi è divenire più polveroso e chiaro.
Inoltre direi che imbracciare uno strumento auto-costruito (non auto-assemblato,
che pure è una cosa piacevole) regala emozioni uniche in quanto si è detentori
di uno strumento unico al mondo, che è stato personalmente curato come un
bambino che cresce durante la sua evoluzione da tavola di legno grezzo a
chitarra.
In spiccioli:
PRO:
L’ho fatta io!
Si suona bene ed ha un bel timbro
Linea (secondo me mozzafiato! …ma sono, ovviamente, di parte)
CONTRO:
E’ pesante
Sellette del ponte di bassa qualità (comunque le sostituirò al più presto!!)
L’ulivo è dannatamente difficile da lavorare!