FRAMMENTI
E alla fine andò col suo amico al piccolo pub, dove andava tutte le sere. Si prese una birra, ma era troppo più amara del solito, e lui troppo più solo e vuoto. Andò in bagno, tirò fuori dalla tasca una piccola, ma mortalmente efficace, pistola. Si appoggio sul porta carta igienica di plastica bianca, colmo di scritte e cazzate che era fermato sulla parete destra. Provò a ricordare quella settimana che passando aveva prosciugato la sua voglia di vivere.
”Era la sera di venerdì 4 Marzo. Dopo un grosso esame superato credeva che la serata sarebbe evoluta andando in un pub di città, dove per via dello studio gli era stato impossibile recarsi da un bel pezzo a quella parte. Invece visto che c’era un raduno di motociclisti nel vicino Pub di zona, andò a finire che la serata terminò là e alle una di notte già era a letto che dormiva. Prima però di andare al pub, come suo solito, si era fermato al circolino, dove in genere si ritrovava con gli amici. Notò quasi subito che c’era una nuova ragazza, anzi a guardar bene si trattava di una donna. Era seduta al tavolino dove di solito stava “l’ubriaco” e stava parlando con una delle bariste. Scoprì, la sera stessa, che era stata compagna della figlia della titolare del locale, in Egitto quando aveva partecipato ad una campagna di Animazioni lavorando in un villaggio turistico. Non si ricordava chi, forse era stato suo fratello, a dirgli che la ragazza aveva circa 24 anni, anche se a vederla così non sembrava.
Il sabato pomeriggio, il giorno successivo, dopo essere stato con suo fratello a girare col motore da cross, si recò al circolino, ma la relazione che ci fu tra lui e la bionda ragazza misteriosa fu molto esigua e limitata a qualche battuta buttata lì ogni tanto, quasi contro voglia. L’unica cosa in più che adesso sapeva era che si chiamava Marina ed era della provincia di Bergamo.
La sera uscì insieme a tutta la compagnia e quando si trovarono al bar, un suo amico era ansioso di andare ancora al vicino pub, visto che gli avevano detto ci sarebbe stato uno streep femminile. Alcuni altri ragazzi, però, tardavano e così il ragazzo si avviò e lui rimase con pochi amici al bancone. Visto che erano in cinque, quattro di loro andarono a giocare a calcino, mentre lui rimase, finì la birra rossa che aveva nel bicchiere ed ordinò un Black Dog con Martini Rosso anziché Dry.
Pochi istanti dopo, Marina, si riempì per metà un bicchiere di birra rossa e si portò dall’altra parte del bancone, andando a sedersi accanto a lui.
Iniziarono a parlare e così scoprì che si era diplomata al liceo artistico e poi aveva preso un diploma di laurea presso l’Accademia delle Belle Arti di Milano nel 1996-97. Capì allora che non si doveva trattare di una ragazza di soli 24 anni, ma piano, piano riuscì a scoprire che la sua età era di ben 33 anni, dieci anni più vecchia di lui. Parlarono delle esperienze lavorative che la ragazza aveva avuto, sia come barista, che come animatrice di villaggi turistici, così venne a sapere che il suo ruolo era quello di coreografa e costumista, essendo stata la sua tesi di laurea improntata sulla coreografia costumistica dell’opera Pirandelliana. Seppe anche che avevano una conoscenza comune: Alice, ma si trovarono d’accordo nel classificarla insieme alle persone con cui non si ha troppo feeling. Stavano parlando di musica e lei gli aveva chiesto se lui ascoltasse solo musica straniera, quando, inavvertitamente, lui tocco il bicchiere quasi vuoto che era sul bancone e lo spinse fuori dal piano di appoggio fino a farlo cadere a terra. La rottura del bicchiere fu seguita da una serie di fischi e sfottò da parte dei presenti, mentre lei prese cassetta e granata e pulì il pavimento. Ormai però si era fatto tardi e gli altri ragazzi volevano andare al pub, al quale fu invitato anche da un altro conoscente, il quale invitò ad anche la bionda ragazza, che però non poteva allontanarsi dal bar.
Il pomeriggio e la sera successive si recò ancora al bar e ugualmente Marina prese un po’ di birra in un bicchiere da mezza pinta e si sedette sullo sgabello accanto al suo. Durante il pomeriggio parlarono molto delle città toscane: Firenze e Siena in primis, visto che Marina avrebbe voluto visitarle entrambe. Marina chiese dove avrebbe potuto trovare un negozio di vestiti usati, ma a quella domanda lui non seppe rispondere e si domandò come mai tutte le donne si assomigliassero sotto quel punto di vista, sia giovani che meno giovani. Parlando trovarono molti punti in comune e a lui iniziò davvero a dispiacere vi fossero dieci anni di differenza tra i due.
La sera Marina era al computer per fare una ricerca su internet e scrivere un curriculum, così lui sedette con gli amici, ma poi quando gli altri decisero di giocare a Monopoli se ne andò a vedere cosa Marina stava combinando. Lei lo accolse facendogli vedere il suo curriculum e chiedendogli se secondo lui andava bene e se riusciva a salvare su disco fisso. Così si avviarono assieme al bancone dove si misero entrambi a bere una birra ed a parlare dei posti che la ragazza avrebbe potuto visitare il martedì, quando sarebbe andata in città. Dopo averle elencato un po’ di posti celebri, il giovane, non poté resistere alla tentazione di raccontarle del mitico pub cittadino dove passava gran parte dei suoi pomeriggi e a cui era molto affezionato. Si era fatto, però, ormai tardi e così mentre lei andò a pulire la cucina lui andò a salutare gli amici e prima di andarsene la salutò e lei gli chiese se martedì sarebbe stato presente al circolo.
Il lunedì passò pensando a quel ciuffo di riccioli biondi e pensando anche al modo di poter riuscire a vedere Marina, il martedì, anche sull’autobus. Le aveva parlato poco del pub dove andava il pomeriggio e certo non credeva di vedercela dentro quella sera, ma quando entrò e non la vide ci rimase, comunque, quasi male, perché in realtà lo aveva molto sperato. Non sapeva se prendere una birra o uscire e prendere l’autobus delle 18.35, ma rimase e bevve. La sera al circolo, Marina, gli si piazzò subito seduta accanto e gli disse che non aveva trovato negozi che vendevano usato, ma comunque aveva comprato un paio di pantaloni stupendi. Dalla risata della sua bocca che si apriva storta nella solita smorfia che ormai aveva imparato a riconoscere e che la rendeva unica, egli capì che i pantaloni che aveva comprato non sarebbero stati di proprio gusto. Nelle sere precedenti infatti avevano parlato anche di abbigliamento e moda; Marina aveva sostenuto che ormai nel mondo di oggi era possibile mettersi di tutto, e aveva detto che gli piacevano i pantaloni larghi, ma non le magliette corte che lasciano scoperto l’ombelico, mentre lui aveva sostenuto che i pantaloni per essere belli dovevano essere stretti e terminanti in gigantesche zampe di elefante, due posizioni che stavano quindi completamente all’antipodi.
Infatti Marina dopo avergli spiegato il tipo di pantaloni, corse verso il magazzino e tornò con una busta bianca che conteneva un paio di calzoni verdi militare simili a quelli delle SS: larghi sui fianchi e stretti sulle gambe.
Disse anche che aveva comprato una maglietta bianca e nera che aveva dei pezzi di stoffa che ne collegavano a mo’ di ali di pipistrello le maniche col busto, ma non volle mostrargliela per niente al mondo: chissà, forse era corta ed avrebbe lasciato la pancia scoperta pensò lui…
Parlarono tutta la sera e tra un discorso e l’altro venne a sapere che quel giorno, lei, aveva preso l’autobus delle 18.35, lo stesso che lui, aveva volontariamente perduto… si mangiò le mani! Parlarono di sport. Marina disse di essere legata a calcio e ciclismo, perché suo padre ne era appassionato e l’aveva contagiata fin da piccola. Parlarono anche di altro. Marina disse che per lei era ora di trovarsi una sistemazione, una casa e pensare anche a dei figli. Disse che i soldi non bastavano mai ed anzi si fermò molto a parlare dei soldi: solo quando parlava di queste cose, come aveva già fatto altre volte ed insistentemente, lui capiva che cosa volessero dire quei dieci anni di differenza.
Durante la serata, il ragazzo, seppe che il giorno successivo il circolo sarebbe rimasto aperto, pur essendo il suo giorno di chiusura, perché c’erano le partite ed alcuni ragazzi avevano chiesto questa cortesia. Chiese a Marina se lei ci sarebbe stata il giorno successivo e mi rispose che ancora non sapeva se sarebbe venuta.
Il giorno dopo, era mercoledì, lui sarebbe dovuto andare a cena dalla zia, ma pur di andare al circolo sperando di trovare Marina, rimase a casa a cena con due amici. Poi andarono al circolo: tutti erano intenti a vedere la partita e c’era un gran casino di rumore e persone. Real Madrid e Juventus si giocavano l’ammissione agli europei, o roba del genere. Tutto il bancone era occupato e così anche i soliti tavolini, così si sedettero ad un piccolo tavolino vicino al bancone dove non andavano mai.
Marina rimaneva dietro ad un ragazzo e lui non poteva vederla se non sporgendosi, ma sporgendosi la vide, e vide che anche lei si sporgeva cercandolo con lo sguardo per poi definitivamente avanzare con la sedia quel tanto che bastava per farsi vedere e distendendo una gamba mostrare i pantaloni sorridendo: quelli acquistati il giorno prima.
La partita finì ed un po’ di persone se ne andarono, così, assieme ai due amici si spostò ad un altro tavolino. Dopo poco che erano lì anche Marina li raggiunse con la scusa di venire ad accendersi una sigaretta. Infatti uno dei due amici, aveva un accendino, ma naturalmente lui sapeva benissimo che dietro al bancone, di accendini, ce ne erano una miriade visto che erano stati offerti proprio in quei giorni come gadget ai soci del circolo. Comunque la bionda Marina gli si sedette accanto e iniziarono a parlare anche con gli amici Nicola e Anna Maria, dei giochi di carte, dei solitari e del tipo di carte che cambiano in ogni parte d’Italia che vai. Marina insegnò ai ragazzi un impossibile tipo di “solitario”, che quella sera tentò senza successo molte volte.
Parlarono della cultura culinaria che cambiava anch’essa come il tipo di carte da gioco, a seconda della zona della nostra penisola che visitavi. In particolare scoprì che a Bergamo le bistecche erano le “braciole” e che veniva usato spesso il burro. Fece caso al fatto che avevano raggiunto con lei un ottimo feeling e quando Marina si andava a sedere si infilava con lo sgabello, in modo di stare sempre vicino a lui, al quale, spesso gettava occhiate complici. Certo capì che il carattere di Marina non doveva essere facile, parlarono di un amico di Marina che si era trasferito a Firenze per studiare qualcosa come Lettere e Filosofia, ma al quale non avevano riconosciuto molti esami e che lavorava in una tavola calda. Marina disse che era un tipo molto effeminato e che secondo lei lo stare in casa con due ragazze non l’aiutava a cambiare questo suo atteggiamento, anche se non era per niente gay. Mentre raccontava di questi fatti, lo guardava con i suoi occhi grigi spalancati e parlava aprendo con una smorfia le labbra rosa e finissime prima sulla parte sinistra della bocca e mettendo in mostra i bianchi denti inferiori. Anche quella sera finì e quando se ne andarono marina cominciò a spazzare.
L’indomani, il giovedì 10 marzo 2005 sarebbe stato l’ultimo giorno di permanenza dall’amica, e lui era molto dispiaciuto di questo. Certo dieci anni di differenza erano molti e mai l’aveva capito come in quei giorni, ma ugualmente sentiva che quella ragazza aveva una personalità praticamente complementare alla sua. Lo aveva capito lui, e sicuramente lo aveva capito anche lei. Difficilmente il rapporto, seppure di amicizia, sarebbe stato così profondo da subito. Ma entrambi ugualmente, sapevano che l’amicizia, se così si poteva chiamare, era più una necessità data dal tempo che li divideva che un vero modo di vivere quella esperienza. Era quella differenza di età che frenava scintille che erano tangibili tra i due.
Il giovedì, il ragazzo, approfittò di uscire prima dall’Università per potersi recare a trovare marina al bar anche il pomeriggio, in modo da poterla vedere ancora un po’ di più prima della sua partenza.
Arrivato al circolino, però lei non c’era. Fece finta di niente, ma nel profondo del cuore pianse. Poi dopo circa mezz’ora che era arrivato, ella comparve dalla porta e dopo aver dato un regalino alla barista, che consisteva in una tazza per fare colazione in ceramica smaltata, dall’aspetto simpatico, si sedette subito accanto a lui, aveva un profumo di agrumi acerbi addosso, e gli mostro alcune sue foto:
C’erano le foto di quando era nei villaggi turistici a fare l’animatrice; molti travestimenti, alcuni originali e simpatici, altri belli e c’era anche un murales che aveva fotografato in casa del suo ex-ragazzo. Parlarono dei suoi lavori e Marina gli confidò che anche se probabilmente sarebbe partita per andare a fare l’animatrice in un villaggio di Formentera, in Spagna, le sarebbe piaciuto trovare un lavoro stabile in Italia, magari come costumista in qualche televisione. Aveva un odore di Agrumi sulla pelle, che era fresco e piacevole. Parlarono un po’, di politica, trovandosi d’accordo sul definire dei buffoni quelli al potere e parlando degli ideali comunisti e socialisti. Egli le parlò della propria esperienza all’interno dell’Università e poi parlarono del carattere della gente. Marina gli disse che si trovava bene con lui e che il suo carattere ed il suo modo di parlare ed agire le piacevano molto; a quel proposito parlò di quello che la sera precedente aveva sentito dire a dei ragazzi, che a proposito di sesso, e gli disse che era contenta di aver legato con lui anziché con loro. Indicandogli un ragazzo del gruppo di cui parlava gli disse: ”Ma poi guarda che taglio di capelli ridicolo…”, bhe, lui non ci aveva mai fatto caso, ma era vero. Alla fine dovette tornare a casa per andare a mangiare ed uscì nuovamente la sera dopo cena. Si mise a sedere come sempre al bancone, assieme a suo fratello ed altri amici e dopo pochi istanti Marina si verso un po’ di birra rossa in un bicchiere e uscendo da dietro al bancone, prese uno sgabello e si andò a sedere accanto a lui, infilandosi nel poco spazio che c’era tra lui e Nicola. Gli occhi di Marina erano leggermente differenti quella sera, o forse era così che li vedeva lui, ma gli sembravano più tristi e stanchi e le piccole rughe intorno ad essi gli sembravano più marcate del solito. Marina parlò dei suoi viaggi, e confidò che anche lei prima di trent’anni non aveva viaggiato molto dicendogli che anche lui, vista la giovane età, avrebbe viaggiato molto un giorno. Visto che Nicola faceva il cuoco parlarono molto di cucina anche quella sera e alla fine rimasero seduti lui e lei soli. Marina scherzando lo invitò a vedere il concerto di Vasco Rossi ad Imola, perché sapeva che a lui non sarebbe piaciuto. Parlarono e lui gli disse che un giorno o l’altro gli sarebbe piaciuto tornare a visitare Bologna, e lei gli disse che il venerdì successivo anche lei sarebbe stata a Bologna per andare a parlare con la sua agenzia di animazioni, quindi gli chiese perché non andava il venerdì prossimo. Egli fu colto di sorpresa e forse fu il “proibizionismo”, se così si può chiamare, a cui era stato abituato dal carattere della madre, che vedeva con occhio torvo i viaggi, anche brevi, senza parlargliene con larghissimo anticipo, o forse fu una sua timidezza, dovuta a quella insormontabile differenza di età, ma più probabilmente fu la stupidità che gli fece uscire dalla bocca un diniego, giustificato dal fatto che aveva già un po’ fissato con altri due suoi amici e che doveva parlarne con loro. Comunque non appena ebbe realizzato ciò che aveva detto, si mangiò le mani amaramente.
Marina gli disse che la barista l’aveva invitata a tornare da lei durante l’estate quando il paesaggio è di una bellezza ineguagliabile ed anche Nicola che si era messo da poco accanto a loro le propose di tornare e che quando sarebbe tornata avrebbero fatto una cena tutti insieme a base di piatti tipici toscani. Lei disse che avrebbe accettato volentieri, ma stava tutto nel vedere se fosse stata in Italia o in qualche villaggio turistico in giro per il mondo.
Comunque ormai era già mezzanotte e mezzo, ed il ragazzo suo malgrado doveva andare a casa con suo fratello. I due si guardarono, ma forse per evitare di stare troppo male, si allontanarono un poco e non si chiesero niente: né numero di telefono, né indirizzo e-mail. Si salutarono, lei gli disse che gli dispiaceva non aver preso neanche una ciucca assieme a lui, come se l’essere ubriachi potesse avvicinare i loro destini; lui gli auguro buona fortuna e dopo essersi scambiato qualche sguardo intenso con lei, venne praticamente portato via da suo fratello, che il giorno successivo doveva andare a lavorare ed era stanco. Prima di uscire dalla porta i due sguardi si incontrarono ancora, poi uscendo dalla porta, vide Marina che come ogni sera prendeva granata e cassetta.
Uscendo dal bar cercò di seguirla con lo sguardo finché non l’avesse più vista e così fece. L’ultima cosa di Marina che vide fu il ciuffo riccio e biondo mentre stava cominciando a spazzare e riassettare il locale.
Sentì subito dentro lui un grandissimo vuoto. Un vuoto incolmabile. La voglia di piangere forte, come un bambino. Ma non lo fece, sapeva che nemmeno una volontà fatta di ferro avrebbe potuto colmare o assottigliare la loro lontananza.
Andò a letto e pregò come non faceva da molto tempo, pregò non che Marina restasse là, ma che in qualche modo, potesse avere la convinzione che lui sarebbe sempre stato con lei, che non si sarebbe mai dimenticato di quella settimana, e soprattutto che, come anche lei sapeva benissimo, per lei, aveva provato qualcosa di più simile all’amore che non all’affetto o alla semplice amicizia.
La mattina si svegliò e la prima cosa che sentì aprendo gli occhi fu che aveva perso tutto. Sentì che aveva voglia di ubriacarsi, di prendere una “Ciucca” come aveva detto lei la sera prima. Sentì che era inesorabilmente solo.”
Sapeva che quel ”In bocca al lupo”, dato la sera prima, non era un arrivederci, ma un addio.
Sapeva che non l’avrebbe rivista mai più .
In un attimo solo percepì che in tutta la propria vita non sarebbe più riuscito a trovare una persona come quella e che Marina, non era riservata a lui.
All’improvviso, come se fosse stato schiaffeggiato, …ne fu sicuro!
In quel bagno sporco e piccolissimo si puntò la pistola alla tempia.
Forse il suo ultimo pensiero andò a sfiorare quegli occhi di ghiaccio, quegli occhi di cenere dai quali non trasparivano emozioni…
Forse il suo ultimo pensiero fu legato a quei capelli biondo chiari che nei riccioli andavano schiarendosi da un castano opaco al quasi bianco…
Forse il suo ultimo pensiero andò alla smorfia della bocca, dalle labbra rosa e finissime, che, raccontando della vita, andava a schiudere lasciando intravedere il biancore perfetto dei denti inferiori…
Forse il suo ultimo pensiero andò a lambire la fisionomia del naso un po’ aggobbito e la pelle sotto gli occhi un po’ sgualcita…
Probabilmente il suo vero e ultimissimo pensiero, andò alle mani nervose, come aveva visto quando lei giocava da sola a carte; a quelle unghie forti e laccate di smalto lucido che erano lunghe e andavano piegandosi sulle falangi similmente agli artigli di una leonessa, mentre una voce “neniosa” stava parlando: la sua.
Lo trovarono poco dopo, ma ormai era già morto. Sulle sue guance si vedevano ancora i segni lasciati dalle lacrime uscenti dagli occhi bagnati, ma la sua espressione era serena e la bocca contratta in un autentico sorriso.